Dopo attente valutazioni, decidiamo di partire alla volta delle Dolomiti Bellunesi ma in modo differente rispetto agli altri anni. Purtroppo l'emergenza Covid19, per ovvi motivi di sicurezza, ha modificato le nostre abitudini; niente rifugi e niente alberghi, per tutelare nella maniera più assoluta la nostra salute, decidiamo di affittare un'appartamento nel centro di Selva di Cadore, un piccolo e grazioso centro urbano a 1.300 metri di quota in provincia di Belluno.
La mattina del 10 luglio 2020 ci mettiamo in viaggio per raggiungere, nel tardo pomeriggio, Selva di Cadore. Non abbiamo alcuna fretta, tutto l'occorrente per soddisfare le nostre esigenze nutritive è nell'immenso bagagliaio della macchina di Massimo:
La mattina seguente, ci dirigiamo alla volta di Passo Falzarego (mt. 2.100), da dove ha inizio il sentiero di avvicinamento alla "Ferrata Brigata Alpina".
Il sentiero percorre una parte la strada militare che fiancheggia le Torri del Falzarego, fino a condurre, in 20 minuti circa, la base della ferrata:
La via ferrata sviluppa un dislivello di 300 metri circa, fino a raggiungere i 2.554 metri del Col dei Bos. Le difficoltà sono moderatamente difficili con tratti molto impegnativi, specie il primo, data la verticalità della parete e l'esposizione.
Alle 8,20 iniziamo la salita:
Uno dei passaggi più esposti della ferrata:
Ai tratti molto verticali ed impegnativi, si susseguono altri che concedono un pò di tregua, permettendo anche di fotografe il panorama intorno a noi:Ultimo tratto di ferrata e poi la breve passeggiata su comodo sentiero che ci condurrà sulla vetta:
Alle 10,00 usciamo dalle difficoltà della via ferrata:
Il tempo, come previsto, non promette nulla di buono quindi preferiamo rimetterci subito in marcia verso valle. La traccia, molto evidente, percorre dapprima un tratto quasi pianeggiante fino a condurre alla forcella che divide il Col dei Bos dalle Torri del Falzarego. Da questo punto il sentiero si inabissa nel ripido canalone che porta ai resti delle postazioni militari:
La zona brulica di Marmotte:
Alle 11,25 siamo di nuovo a Passo Falzarego:
2° giorno: Giro alto del Monte Pelmo (metri 3.186 slm) con salita in vetta attraverso la famosa cengia di "Ball":
Si parte di buon'ora (alle 5 siamo già svegli); il giro da fare è lunghissimo con un dislivello che supera i 1.500 metri e tempi di percorrenza 9/11 ore. Le previsioni meteo sono perfette e pertanto, senza alcuna condizione, possiamo permetterci di affrontare l'escursione con tutta tranquillità.
Alle 6 in punto siamo già a Passo Staulanza pronti per la salita:
Decidiamo di percorrere il sentiero in senso orario, ovvero raggiungere dapprima il Rifugio Città di Fiume (sentiero 472), poi, seguendo l'evidente traccia che risale il fianco detritico della montagna (sentiero 480), arrivare fino alla Forcella Val d'Arcia (metri 2.474 slm) ed infine riscendere il ripido ed esposto sentiero "Flaibani" che porta fino al Rifugio Venezia:
Sullo sfondo la Marmolada:
Risaliamo la traccia fino a raggiungere la forcella:
Dalla forcella di Val d'Arcia, la discesa verso il Rifugio Venezia non è affatto da sottovalutare. Il primo tratto è molto ripido con terreno scivoloso a causa dei detriti rocciosi, mentre dall'alto il pericolo di caduta sassi è sempre in agguato:
Vista panoramica dalla forcella:
I tratti più esposti dono stati attrezzati con un cavo di sicurezza
Avvistiamo dall'alto il Rifugio Venezia:
Poco prima del rifugio, incontriamo la deviazione che porta all'attacco della cengia di "Ball", il famigerato traverso che taglia la parete nord/ovest del Pelmo fino al catino detritico della valle di Vant.
Il Monte Pelmo, conosciuto anche come "Il Trono di Dio" per la sua conformazione rocciosa simile ad un trono, è stata la prima vetta dolomitica ad essere scalata; infatti John Ball, passando per la cengia, che poi acquisì il suo nome, raggiunse i 3.186 metri della cima nel settembre del 1857:
L'inizio della cengia:
La traversata della cengia di Ball dura circa un'ora. Non è assolutamente da sottovalutare, un susseguirsi di passaggi molto esposti, grossolanamente protetti (solo in alcuni tratti), da spezzoni di corda:
Le difficoltà si accentuano nei tratti dove la roccia è resa ancora più viscida dall'umidità:
Finita la cencia, si apre lo scenario del "Valon" la cui parte superiore è detta "Vant". Un ampio circolo glaciale che conferisce alla montagna la forma di un enorme sedile, detto appunto "Il Trono di Dio", con la cresta sommitale che funge da spalliera mentre la spalla sud e quella est fanno da braccioli:
La salita del "Valon" è alquanto faticosa e scomoda:
La cresta finale prima della vetta:
Panorama a 360° gradi:
In vetta al Monte Pelmo (metri 3.169 slm):
Dalla vetta occorre ripetere lo stesso itinerario di salita fino a raggiungere il Rifugio Venezia, da dove un comodo e trafficato sentiero riporta in due ore circa al Passo Staulanza:
Il Rifugio Venezia affollatissimo di escursionisti:
Prima di raggiungere il passo Staulanza, una breve deviazione per vedere le orme di un dinosauro, rinvenuto su un lastrone di roccia calcarea:
Foto panoramiche:
3° giorno: Piz Boè (metri 3.152 slm) dalla via normale:
L'idea era un'altra, purtroppo a causa delle condizioni meteo, l'opzione è stata quella di salire sul Piz Boè dalla via normale, ovvero da Passo Pordoi fino all'omonima forcella (metri 2.829 slm) e poi raggiungere la vetta attraverso l'immenso altopiano detritico. L'itinerario parte da Passo Pordoi e risale a "zig-zag" il ripido canalone detrico fino alla forcella, dove si trova il rifugio "Forcella del Pordoi:
Il Rifugio "Forcella del Pordoi":
Da questo punto in avanti occorre percorre l'evidente traccia in un'ora e mezza circa porta sulla vetta:
I tratti più esposti sono protetti da un cavo in acciaio:
Raggiungiamo la vetta del Piz Boè:
Qualche foto panoramica, una visita al rifugio e poi di buon passo verso valle; il tempo inizia a cambiare e trovarsi nel mezzo di un temporale da queste parti, non credo sia cosa divertente:
Le nubi avvolgono il Piz Boè e le prime gocce di pioggia avvertono che il temporale è nelle vicinanze:
In discesa verso valle:
Alle 13,50 siamo di nuovo a Passo Pordoi
Autori: Alessandro, Alfredo, Marco, Massimo e Simonetta
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